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sabato 8 gennaio 2011

lo sterco di satana


Quando il denaro era “sterco di Satana”pubblicata da Michele Pietrasanta il giorno sabato 8 gennaio 2011 alle ore 18.18
Jacques Le Goff sostiene che mille anni fa la società umana non si considerava divisa tra ricchi e poveri. Beninteso: i ricchi, sebbene assai rari, c’erano eccome, ma pochi li chiamavano così. Si preferiva definirli «potenti». In quanto ai poveri – le plebi del contado, i sottoproletari dei borghi – era assai meglio etichettarli come «umili».

La coscienza cristiana imponeva questo abile gioco di parole. Ma non si trattava di ipocrisia. Era un puro e semplice articolo di fede. Ancor più: era un profondo e forte convincimento etico. Era, in sostanza, uno dei frutti della sacra condanna del denaro. Il disprezzo teologico verso lo «sterco del diavolo» che trascina le anime all’inferno e sovverte l’ordine dei valori cristiani. Il tema è caro a Le Goff da oltre mezzo secolo. Gli ha dedicato centinaia di pagine, sparse tra saggi come Mercanti e banchieri nel Medioevo (1956), Tempo della Chiesa e tempo del mercante (1956-1976), La borsa e la vita (1986). E oggi vi ritorna con un libro che ha il sapore di una sintesi conclusiva: Le Moyen Age et l’argent (2010), subito proposto in edizione italiana da Laterza col titolo di: Lo sterco del diavolo. Il denaro nel Medioevo.

Una lettura davvero preziosa per chiunque desideri comprendere la genesi lontana del problema forse più grave del nostro tempo: il dominio assoluto del denaro, lo strapotere del mercato e della finanza su tutti gli aspetti della vita sociale. Perché quello che Le Goff sostiene, in realtà, è che la condanna del denaro nel Medioevo, almeno fino alla svolta «precapitalistica» dei secoli XIII-XIV, non fosse solo teorica e nominale, ma assolutamente pratica e concreta. L’umanità viveva, allora, in un mondo radicalmente diverso dal nostro. Un mondo che per noi non è facile da immaginare. Non c’era aspetto della vita che non fosse dominato e guidato dalla teologia. Dio era tutto, l’uomo nulla. O meglio, l’uomo esisteva solo in quanto creatura di Dio. L’intera realtà materiale, il cosmo, lo spazio e il tempo esistevano solo in quanto «segni» della realtà divina. E dunque tutto era anche proprietà di Dio.

Come poteva permettersi allora un individuo di pretendere il pagamento di un interesse per una somma di denaro data in prestito a qualcuno? Diabolico è pensare che la durata del prestito possa avere un costo, per il semplice fatto che il tempo non è proprietà dell’uomo, ma di Dio. Vendere il tempo è un sacrilegio. Ergo, il denaro non può e non deve generare altro denaro. Perché solo il lavoro dà diritto a un compenso. E un teologo inglese, Tommaso di Cobbam, dice chiaro e tondo: «L’usuraio pretende di guadagnare senza lavorare, addirittura dormendo; ciò va contro il precetto del Signore, che ha detto: Con il sudore della tua fronte guadagnerai il pane». Poi, avvenne quel che avvenne. Verso la fine del secolo XIII ebbe inizio, dice Lo Goff, «una discesa dei valori dal cielo sulla terra». E il grande storico riprende qui la sua ben nota teoria della «nascita del Purgatorio». L’aldilà dei cristiani, nell’Alto Medioevo, era diviso solo nei due regni del Paradiso e dell’Inferno. Come dire: nessun compromesso tra il bene e il male. Ma ecco «nascere», dopo il XII secolo, l’idea del Purgatorio. Un mondo intermedio, abitato da peccatori che possono sperare nella salvezza finale. Così i pilastri del dogma teologico lentamente si sgretolano. Nella seconda metà del Duecento i maestri dell’Università di Parigi discutono il concetto di usura e ragionano sull’equità – e dunque sull’ammissibilità – dei tassi di interesse.



La Chiesa stessa si avvia a diventare una grande consumatrice di denaro. E quando il santo frate Gerolamo Savonarola, due secoli dopo, fustigherà a sangue i costumi depravati dei ricchi e del clero corrotto, appellandosi alla «semplicità della vita cristiana», il Papa Alessandro VI non troverà di meglio che scomunicare lo scomodo predicatore, destinato al rogo col bollo infamante dell’eresia. Il martirio di Savonarola avvenne il 23 maggio del 1498. Le Goff non lo dice, ma non sarebbe forse giusto vedere in quella data, almeno simbolicamente, il vero momento di svolta dall’antico mondo sottomesso ai valori spirituali e alla teologia, al mondo odierno dominato dalle crude leggi del denaro e dell’economia.?

--- Qualcuno potrà dire, e forse non a torto: “siamo finiti dalla padella, alla brace”

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La rivolta degli insegnanti
"Promuoveremo gli stranieri"
La polemica contro il test per il permesso di soggiorno. "Hanno inventato l'esame di lingua ma poi non ci sono i fondi per finanziare i corsi serali per gli immigrati"
di ERICA DI BLASI
Tra poco cinquemila stranieri solo a Torino dovranno sostenere un esame d'italiano per ottenere il permesso di soggiorno. Si tratta di quello a lungo termine, che non deve insomma essere rinnovato ogni due anni. Ai requisiti già esistenti - aver avuto negli ultimi 5 anni un lavoro, un reddito minimo di circa 10mila euro lordi, una casa a norma (anche in affitto) - si aggiunge ora la prova d'italiano. Le uniche alternative sono il possesso della licenza media o dell'attestato "A2".

Non tutti però sono d'accordo. Gli insegnanti di quelle che un tempo erano conosciute come scuole serali e sono state chiamate a testare la conoscenza dell'italiano degli stranieri giudicano l'esame inutile. "Per istituire le commissioni - spiega Ennio Avanzi, docente del centro di formazione per adulti Gabelli e uno dei primi firmatari del documento-protesta - il ministero dell'Interno ha stanziato per Torino e Provincia circa 500mila euro. Una cifra che andrà a coprire gli esami del 2011. Ogni commissione sarà composta da due docenti e un dirigente scolastico. Non riteniamo però che quest'esame possa portare a una vera integrazione. È prevista una prova scritta molto difficile che rischia di negare il permesso di soggiorno alla maggior parte degli stranieri".

Entro 60 giorni - quindi per febbraio - la Prefettura indicherà agli stranieri che hanno presentato domanda la scuola dove sostenere l'esame. "La maggior parte degli immigrati - fa però notare Avanzi - svolge lavori attraverso i quali è difficile riuscire a migliorare la propria conoscenza della lingua italiana, in particolare di quella scritta. Penso alle badanti che per anni assistono una persona anziana, o agli stranieri che popolano i cantieri edili. Ecco che a noi, chiamati a dare un giudizio sulla loro conoscenza dell'italiano, restano due strade: non promuovere quasi nessuno o, come faremo, metterci una mano sulla coscienza e pensare che sono persone che ormai da anni vivono qui, hanno un lavoro e una famiglia. E una bocciatura potrebbe distruggere la loro vita".

La strada del "tutti promossi" mette in dubbio l'utilità di questo esame. Ecco che il comitato di docenti - ad aver sottoscritto il documento di protesta sono centinaia di cittadini e una ventina di associazioni - ha una controproposta: "Utilizzare i soldi destinati agli esami per attivare corsi d'italiano dedicati agli stranieri e avere così una vera integrazione". Oggi le otto scuole di formazione per adulti a Torino hanno classi composte addirittura al 98 per cento da stranieri: i corsi d'italiano però non bastano.

A raccogliere l'appello del comitato, la consigliera regionale della Federazione della sinistra, Eleonora Artesio. "Meglio potenziare - si legge nell'ordine del giorno che sarà votato a breve - i finanziamenti al ministero dell'Istruzione per aumentare l'offerta di corsi per adulti sia di lingue sia di studio". Per denunciare la situazione il comitato ha organizzato un'assemblea pubblica il prossimo 21 gennaio. Sullo sfondo resta il nuovo permesso di soggiorno - a punti e per cui si richiede anche una conoscenza della costituzione e della cultura italiana - che dovrebbe diventare realtà nei prossimi due anni.

(07 gennaio 2011) © Riproduzione riservata